Privacy: le origini di un diritto fondamentale
L’avreste mai detto che le origini di un diritto fondamentale come la privacy risalgono al periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale?
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Questo, il testo dell’art. 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. È senza dubbio la più elevata espressione del concetto di privacy. È grazie ad essa che la privacy, originariamente vista come “diritto alla riservatezza”, è entrata a far parte del catalogo dei diritti fondamentali della persona.
Ma quali sono le origini della privacy, questo diritto fondamentale?
Ebbene, il diritto alla riservatezza nasce come diritto circoscritto all’ambito domestico, perché considerato come garanzia di una duplice, elementare esigenza individuale:
- da un lato, la protezione della sfera privata dall’altrui curiosità e dall’altrui interesse a conoscere;
- dall’altro, il controllo del flusso delle informazioni in uscita dalla sfera privata verso l’esterno.
Così inteso, il diritto alla riservatezza sembrava idoneo ad impedire ingerenze nella sfera fisica e psicologica individuale; un sistema organico di regole come garanzia da futuri possibili abusi, paragonabili a quelli perpetrati durante gli anni della Seconda guerra mondiale.
Ma il diritto alla privacy ha mostrato, sin dall’inizio, la sua natura poliedrica, capace di modellarsi contestualmente all’evoluzione dei costumi ed al frenetico progresso tecnologico.
Già a metà degli anni Ottanta, infatti, la nozione di riservatezza cominciava a cambiare i suoi tratti caratteristici:
Non più legata al solo riserbo dell’intimità domestica, del decoro e della reputazione, ma a tutte le vicende relative alla vita privata (personale e familiare). Iniziava ad assumere i tratti di un vero e proprio “diritto fondamentale”.
Essenziale in tale processo di affermazione della privacy come diritto fondamentale, è stato il ruolo delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, quali appunto: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 (art. 12), la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950 (art.8), la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo in relazione ai mezzi di comunicazione di massa del 1970 (art.1).
Ma cosa è accaduto con lo sviluppo delle nuove tecnologie, e il ricorso, sempre più massiccio all’utilizzo di dati di carattere personale?
Sicuramente l’inserimento dell’individuo nella società globale, ha fatto emergere non pochi problemi; una realtà nuova dove, la stragrande maggioranza delle azioni compiute, lascia una traccia che ne consente la mappatura e, con essa, la ricostruzione dell’identikit della persona. Appare chiaro, pertanto, che con lo sviluppo esponenziale dei mezzi di comunicazione digitale, la rete Internet in primis, si è verificata una crisi, a livello internazionale, degli strumenti normativi per la tutela dei dati personali.
Da ciò, l’esigenza di una raccolta organizzata delle informazioni personali, affinché non si prestasse ad utilizzi lesivi dei diritti e della dignità della persona.
È da questo momento che si comincia a parlare di “privacy”; una sorta di diritto comprensivo, oltre che dei tradizionali aspetti connessi alla riservatezza, anche del potere di controllo sulla circolazione delle proprie informazioni personali, e del complementare diritto di essere lasciati in pace, inteso come esigenza di protezione del singolo dai tentativi di contatto realizzati da terzi secondo particolari modalità (connesse all’uso della nuove tecnologie), e tendenzialmente per fini di carattere commerciale.
Principale fondamento giuridico di tale situazione è l’art. 8 comma 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ai sensi del quale “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”.